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martedì 22 settembre 2015

Riflessioni Sulla situazione a livello sanitario - contributi dibattito tavola rotonda sulla sanità del 13 settembre 2025 - Pordenone

Contributo del compagno Lusi Corrado della USI AIT Sanità di Firenze per la tavola rotonda del 13 settembre scorso su sanità pubblica e universale organizzata a Pordenone dalla sezione nord est de Alternativa Libertaria / FdCA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Riflessioni Sulla situazione a livello sanitario Vorrei Partire dal presupposto che lavorare per vivere è un oltraggio alla dignità della persona. Per me questo è sempre stato un principio indiscutibile. Questo insulto si rende ancora più evidente quando timbriamo il cartellino non avendo facoltà e diritto di decidere di cosa e di come produrre. Su questo concetto si fonda la democrazia borghese e la società capitalista. Nostro compito e dovere morale è trovare delle strategie per ribaltare questo sistema e neutralizzare questa forma contemporanea di schiavitù. Nella società moderna ogni essere umano, dal momento in cui mette piede al mondo dovrebbe avere alcuni diritti universali che dovrebbero essere inalienabili, tra di questi il diritto alla salute. Questo diritto e questo principio viene ribadito da tutti quotidianamente raccontando addirittura di mondi da favola, tuttavia specialmente noi che operiamo in ambito sanitario sappiamo molto bene che ogni governo, seppur sbraitandolo come intoccabile e difeso lo nega sistematicamente disattendendo ogni promessa fatta. Questo diritto viene anche sancito dall’articolo 32 della costituzione italiana. Quello a cui stiamo assistendo oggi in ambito sanitario è un qualcosa di diabolico e perverso. Per il capitale la medicina diventa uno strumento di profitto, per cui i bisogni del capitale saranno prioritari rispetto a quelli dell’utenza. Secondo i dati ISTAT l’11% degli italiani, pari a ben sei milioni di cittadini rinuncia alle cure nonostante ne abbia effettivo bisogno, per motivi economici. L’attacco allo stato sociale, portato avanti da una sinistra istituzionale sempre più asservita ad una destra protagonista e regista dello smantellamento della sanità pubblica sta già facendo pagare costi salatissimi. una salute merce, una sanità profitto, una prevenzione azzerata, una qualità assistenziale inesistente perché basata su carichi di lavoro insopportabili e su una precarizzazione totale di ogni diritto dei lavoratori. La concessione ai privati dell’intera gestione degli ospedali è un qualcosa di diabolico. La sanità pubblica, da fabbrica di prestazioni che ha tenuto conto dell’efficienza e non delle esigenze dell’utenza nella ”efficacia” delle sue offerte, si trasformerà in maniera progressiva in una enorme fonte di guadagno per la sanità privata, la quale verrà finanziata e favorita da un pubblico sempre meno capace e desideroso di rispondere al diritto di salute. Non voglio parlare di numeri, in quanto ormai tutti gli addetti ai lavori e comitati vari di lotta che stanno nascendo nei vari territori ne hanno ben chiari con gli effetti ad essi correlati. Vorrei concentrarmi su un altro punto e cioè di iniziare a valutare se vi sia anche da noi la possibilità di pensare in altri termini per un cambiamento radicale del modello sanitario e sul concetto di salute. Sono fermamente convinto che la risposta all’attacco sociale portato avanti indistintamente dai vari governi che si sono succeduti nel corso di questi ultimi decenni è stato un vero e proprio fallimento. Sebbene non sia in questo contesto che dobbiamo analizzare circa le motivazioni e sulle responsabilità, dobbiamo tuttavia avere la consapevolezza e la volontà di andare oltre. Dal momento che come Anarcosindacalisti non cerchiamo di andare contro il sistema, ma bensì di andare fuori dal sistema stesso, dopo anni di proteste fallimentari credo sia arrivato il momento di agire. Occorre dare delle proposte diverse e più consone a ciò che rappresentiamo. Crediamo sia necessaria un’altra idea di salute, un altro modello che apra la via allo sviluppo di un sistema di salute al margine del modello egemonico. Questo è ciò che noi perseguiamo. Noi ambiamo ad un percorso che vada in tutt’altra direzione e che stia in relazione alla necessità di rompere definitivamente con il sistema statale classico il quale ha drammaticamente fallito. Un sistema che non poteva altro che fallire in quanto non stava al servizio dei bisogni dei cittadini ma bensì all’interno di una logica disumana che mercifica il diritto alla salute. Le trasformazioni subite negli ultimi anni dal sistema sanitario hanno generato un servizio pubblico che, per far quadrare i conti, risponde alle logiche gestionali prima che alla domanda di salute. Una sanità gestita nella società alla quale aspiriamo, una società solidaria e umana davvero. Questo cosa vuol dire; Si tratta di prendere atto che a fronte di tagli alla sanità come ad altri servizi, nonchè ai rovesci della produzione nelle attuali crisi economiche, oltre alle lotte rivendicative di resistenza sociale si possano valutare e rendere pratiche forme di riappropriazione diretta anche in ambito sanitario. Dobbiamo essere consapevoli che un altro modello è possibile e le varie esperienze in alcuni paesi lo dimostrano ampiamente. Come USIS ci stiamo lavorando da tempo ed abbiamo in mente un progetto di sperimentazione che verrà presentato al prossimo nostro congresso di settore. Carissimi noi non vogliamo soffermarci sulla bellezza delle idee e sulle parole. Per quanto mi riguarda L’autogestione della salute è un’aspirazione giusta e necessaria per l’insieme della società, che richiede lo sviluppo di centri di salute all’altezza di questa svolta. Abbiamo sempre sostenuto che la salute non può essere un affare ed una merce, pertanto neanche le nostre coscienze possono essere mercanzie al servizio dello Stato, delle industrie farmaceutiche, e del resto dell’apparato sanitario dominante. Non possiamo tuttavia evitare l’importante lotta che si sta sviluppando in seno alla sanità pubblica, contro il percorso perverso intrapreso verso la redditività della salute tramite la riconversione del pubblico in privato. Pensiamo che la lotta non deve essere però solo per il recupero di un luogo di lavoro o di un ospedale privatizzato. Crediamo sia necessaria un’altra idea di salute, un altro modello che apra la via allo sviluppo di un sistema di salute al margine del modello egemonico. Un modello di sanità pubblica cooperativista per la difesa della salute come diritto. Un modello che deve basarsi sulla costruzione e sull’azione partecipativa come parte dello sviluppo umano dell’individuo in tutte le sue dimensioni . Un processo sperimentale collettivo d’insieme con l’obiettivo che le persone possano lavorare in forma sinergica e creativa per dare gestazione ad una società libera. In questo contesto noi crediamo si debba valorizzare ed intervenire dove poter praticare un’idea differente del diritto alla salute, coniugando un’attività concreta di intervento nel territorio con una battaglia politica più generale di trasformazione sociale. Un luogo in cui l’attività svolge anche un ruolo di comunicazione e non di pura osservazione. Un tentativo di unire un concetto di cura e di prevenzione con la denuncia degli abusi di una sanità permeata di profitti, sempre più inaccessibili per i poveri, sempre più a misura di ricchi e assicurazioni private. Il progetto che noi abbiamo in mente nasce dalla convinzione che sia possibile e necessario vivere in modo autonomo e autogestito, dal momento che gli stati ed il sistema hanno smesso di essere un servizio per i cittadini. Se ognuno di noi cambiasse il proprio atteggiamento e smettesse di appoggiarsi alle strutture di potere, potremmo invertire rotta e decidere coscientemente cosa vogliamo e cosa no. I progetti di autogestione che anche come USI sanità ci proponiamo di promuovere mirano alla costruzione di un’informazione diversa finalizzata al reale coinvolgimento dei soggetti, per diventare luogo di autorganizzazione dei bisogni reali. Su questo spirito e sotto questa ottica dobbiamo svolgere permanentemente questo lavoro. Nostra funzione insieme a tutti quei soggetti interessati è di valorizzare questa nuova idea di salute pubblica, ponendosi come obiettivo di dare praticità ad un progetto e fare in modo che non rimanga soltanto forma astratta. In questo contesto non dobbiamo inventarci niente di nuovo, così come non dobbiamo partire completamente impreparati. Dobbiamo confrontarci ed organizzarci. Ci sono molte esperienze a cui poter fare riferimento e da cui attingerne il lavoro e la programmazione per poterla sviluppare ed analizzare anche nel nostro ambito. Abbiamo rivolto per esempio particolare attenzione sull’approfondimento alle esperienze spagnole di autogestione della sanità, che non si limitano soltanto a far fronte a necessità causate dalla crisi, ma propongono un nuovo modello sanitario. Le strutture sanitarie autogestite infatti non devono essere soltanto una risposta a dei problemi che hanno a che fare unicamente con le cura medica, o per riempire il vuoto lasciato dallo stato. Quello che pensiamo è ad un progetto creato mediante un assemblea generale di vicini, progetti sociali e collettivi che vivono e agiscono dentro ai territori che tenga di conto dall’assistenza sanitaria di base, all’ aiuto immediato gratuito e appoggio psicologico fino alla promozione del concetto di una sanità aperta a tutti gli individui senza discriminazioni per razza, colore, origine,identità sessuale o religione. Ciò che deve spingere maggiormente i suoi partecipanti nell' agire politico è il concetto di solidarietà reciproca, contrario ad una visione egoistica o di assistenzialismo filantropico, dato il fatto che tutti possiamo essere migranti, senza tetto,lavoratori precari e senza accesso al sistema sanitario. Per questo ciò che dobbiamo applicare nella pratica è la forma nella quale ci piacerebbe vedere la sanità gestita nella società alla quale aspiriamo, una società solidaria e umana davvero. Riteniamo che il nostro progetto di autogestione debba altresì essere cellula viva di resistenza sociale e di emancipazione contro le barbarie contemporanee,cosi come la collaborazione con le assemblee popolari e i sindacati di base. In ultimo Credo sia importante precisare e tenere conto che, considerando il diritto alla salute come un diritto fondamentale e inalienabile dell’individuo e della collettività, sia opportuno sottolineare che parlare ed attivarsi alla sperimentazione autogestionaria nella sanità non vuole e non deve essere considerata come un’attività sostitutiva ai servizi offerti dal SSN e neppure una attività di generico volontariato, ma una forma di autorganizzazione sociale, solidale e mutualistica. Considero questa battaglia come la fase iniziale di un obiettivo cui raggiungere per l’estensione dei diritti e delle garanzie di cittadinanza per tutti ed un punto di informazione e discussione intorno al tema della salute e del diritto alla cura. Se la salute quindi per quanto ci riguarda è un diritto di carattere pubblico, un bene comune né statale né corporativo, ma bensì di tutti cittadini, come anarcosindacalisti abbiamo il diritto di promuoverlo con ogni mezzo a noi più consono. Corrado Lusi

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